Sripad Akinchan Maharaj
 
ARCHEOLOGIA SPIRITUALE
Tratto dal blog di Sripad Akinchan Maharaj: www.imonk.netNel mio recente Blog: “Arzigogoli mentali” ho accennato al fatto che dobbiamo diventare “archeologi spirituali” se vogliamo svelare il sé, se vogliamo comprendere chi siamo veramente.
Gli archeologi materiali cercano indizi per comprendere una civilizzazione morta da tempo; gli archeologi spirituali cercano indizi per una comprensione morta da tempo sul vero sé. I primi cercano di scoprire i segreti dei morti; gli ultimi cercano di scoprire il segreto della vita, il segreto della coscienza.
Sappiamo che la coscienza è sepolta in noi, in qualche luogo, perché osserviamo gli effetti della coscienza nei suoi artefatti grossolani e sottili: il corpo, la mente e l’intelletto. Ma qual è la natura della coscienza? Abbiamo una vaga idea, ovviamente, ma non lo sappiamo per certo. Scavare ed esplorare le differenti concezioni del sé ci darà indizi preziosi, e gli strumenti per questa spedizione sono l’introspezione e l’autoanalisi.
Nella Bhagavad-ghita (3.42) Krishna descrive quanto profondamente il vero sé sia sepolto sotto al corpo, alla mente e all’intelligenza: le concezioni materiali grossolane e sottili del sé:indriyani parany ahur / indriyebhyah param manah
manasas tu para buddhir / yo buddheh paratas tu sah

I sensi sono superiori al corpo (indriyani parany) perché senza i sensi non potremmo sperimentare la materia; la mente è superiore ai sensi (indriyebhyah param manah) perché senza la mente non potremmo interpretare quella esperienza; l’intelletto è superiore alla mente (manasas tu para buddhir) perché senza intellligenza non potremmo imparare dalle esperienze e adattarci; e il sé, o la coscienza, è superiore all’intelletto (yo buddheh paratas tu sah) perché senza coscienza non potremmo sperimentare nulla. Non esisteremmo!
Questo verso è la nostra stele di Rosetta: la chiave per decifrare il mistero della coscienza. Krishna ci dà innumerevoli indizi: da dove cominciare, che cosa cercare, e i nomi e l’ordine degli strati attraverso i quali scavare.
In quanto archeologi spirituali (ricercatori dell’anima) dobbiamo scavare sotto la superficie del corpo, accuratamente rimuovere le escrescenze della mente, continuare oltre l’intelletto, e vagliare attraverso i reperti e le reliquie delle vite precedenti (il falso ego che forma la nostra percezione di chi siamo) se speriamo di arrivare a scoprire il tesoro nascosto: la pura anima spirituale sepolta così profondamente sotto le concezioni materiali e artificiali del corpo, della mente, e dell’intelletto che costituiscono il falso ego o il sé contraffatto.
Questo è ciò che Srila Sridhar Maharaj intendeva con “immergersi profondamente nella realtà”. Non scopriremo nulla di sostanziale semplicemente gingillandoci sulla superficie dell’ambiente. Dobbiamo immergerci profondamente nella nostra coscienza per scoprire la nostra vera ricchezza: il tesoro nascosto dell’anima.

ya nisa sarva-bhutanam / tasyam jagarti samyami
yasyam jagrati bhutani / sa nisa pasyato muneh

Se limitiamo la nostra ricerca a ciò che è evidente sulla superficie dell’ambiente materiale (ya nisa sarva-bhutanam) non scopriremo mai il vero sé sepolto profondamente all’interno (tasyam jagarti samyami). Se mai esploreremo sotto le coperture materiali esteriori (yasyam jagrati bhutani) non diventeremo mai auto-realizzati (sa nisa pasyato muneh).
Pronti, giovani archeologi? Cominciate a scavare…

Traduzione: Krishna Kanta devi dasi